lunedì 27 agosto 2007

60 anni

Il 15 agosto è l'anniversario dell'indipendenza dell'India.
Era il 15 agosto 1947 quando fu proclamata la nazione indiana e gli inglesi lasciarono il subcontinente. Quindi sono 60 anni, numero tondo. E' un'occasione per riflettere su dove sia arrivata l'India oggi, che cosa ha conquistato e cosa invece c'è ancora da fare. All'istituto dei ciechi c'è stato un programma di preparazione al giorno dell'indipendenza, che è partito mesi prima del mio arrivo. Ogni settimana i bambini hanno studiato uno stato dell'India (un po' come noi studiavamo le regioni italiane alle elementari) mettendo in rilievo gli aspetti positivi.
Poi molte lezioni sulla "freedom fight" contro gli inglesi, contro le ingiustizie che gli inglesi attuavano in India. Alla fine, fra bandierine indiane sventolanti, i bambini cantano l'inno indiano.
Non è nazionalismo, almeno non mi è sembrato. La mia impressione è opposta. Questo continuo ripetere che bisogna essere orgogliosi di essere indiani (proud to be Indian) nasconde secondo me un senso di inferiorità che ancora vive fra gli indiani. Prem mi ha confessato che la prima volta che ci doveva ospitare in India, 4 anni fa, era nervosissimo per paura di non essere all'altezza nei confronti di stranieri, sicuramente migliori di lui in quanto stranieri.
E poi viene ripetuto troppo spesso, "proud to be Indian". Uno che è così proud non ha bisogno di ricordarlo ogni 5 minuti.
Ma è giusto che si faccia. Ed è giusta questa riflessione: cosa abbiamo fatto in questi 60 anni? Sui giornali c'è un po' di tutto: dalla "democrazia più grande del mondo" alla bomba atomica, dalle rivolte delle popolazioni tribali alla scommessa dell'industria del software, dalla mancanza di acqua potabile all'apertura di fabbriche della Coca cola. In effetti in India c'è tutto questo.
Forse loro non sono consapevoli di tutto questo, i bambini che cantano stonati l'inno indiano, con la maglietta di Akanksha (la loro divisa) con scritto "Be the change" (la famosa frase di Gandhi: be the change you wish to see in the world). O forse lo sono ben più di me, pur non sapendo contare e vivendo ai margini della società. Ed è a loro che bisognerebbe dedicare questa giornata, è a loro che l'India della bomba atomica dovrebbe pensare.

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